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Un dibattito ipocrita



Questo dibattito sulle accise è privo di senso. Quando la coperta è corta, o si spende per una cosa o si spende per un’altra; non si può spendere per tutte e due.

L’argomentazione che nella campagna elettorale, o prima ancora, la Destra ha promesso l’eliminazione o almeno la riduzione delle accise non è rilevante. Tutti sanno cosa sono le promesse elettorali, come le buone intenzioni di cui è lastricato l’inferno. Sciocchi quelli che le fanno, gonzi quelli che ci credono. Inutile poi, argomentarci sopra.

La realtà, purtroppo, è molto semplice: l’impegno prevalente è di mitigare l’impatto della bolletta sui bilanci delle imprese e delle famiglie. Il resto conta pochissimo.

Certo, ci potrebbero essere soluzioni alternative.

Una prima possibilità sarebbe quella di sottrarre un miliardo al mese al settore delle bollette per mitigare le accise. Le bollette gravano su tutti, la benzina su moltissimi ma non su tutti. Comunque, se non è zuppa è pan bagnato. Il danno resta per tutti e per le casse dello Stato.

Un’altra alternativa sarebbe quella di aumentare le tasse: datemi più soldi e vi riduco le accise. Dio ce ne scampi! Il risultato sarebbe sempre lo stesso: paga Pantalone. Il fatto è che, in un modo o in altro, i conti devono tornare. La coperta non si allunga con le chiacchiere o con le stupide polemiche. Resta corta.

Questo discorso non è politico, non è né di destra né di sinistra, ma solo contabile. Lo capiscono tutti, anche Berlusconi, Conte e Letta, ma fanno finta di non capire. Che l’opposizione cerchi malamente di fare il suo dovere è comprensibile. Che lo faccia bene o male, sono fatti suoi e la giudicherà l’elettorato.

Che questo discorso velleitario e confuso lo faccia, invece, Forza Italia, che fa la fronda nella maggioranza, non è soltanto stupido, ma anche inutile. Alla resa dei conti, se mai si dovesse votare, che fanno? Escono dalla maggioranza? Possibile, ma poi il già scarso consenso elettorale di cui dispongono calerebbe ancora di più. E allora?

Queste punture di spillo alla Meloni, al cui governo, peraltro, partecipa Forza Italia, danno la misura dell’intelligenza politica dei nostri tradizionali mestatori politici.



Il Governo, in realtà, ha una grave pecca: quella di non parlare francamente agli Italiani e dir loro: “Cari elettori, non vi fate e non ci facciamo illusioni. Siamo in un mare di guai per tante ragioni che conosciamo tutti e di cui è inutile parlare. La situazione è grave e i soldi non ci sono. Occorre fare delle scelte, o A o B. Per il governo, che ha una responsabilità generale, pensiamo che la scelta debba essere B per queste e per queste ragioni. Sappiatelo e per il resto si discuta pure quanto si vuole ma è inutile. Chi vi propone la luna è un irresponsabile. “Fine.

Ecco, questa chiarezza è mancata e, in cambio, si è deciso un pasticcio sulla media dei prezzi petroliferi settimanali e così via, al punto che ci vorrà un aziendalista a pompa per chiarire e risolvere gli adempimenti richiesti dal decreto del governo. Una complicazione burocratica inutile, tanto per far vedere che si è fatto qualcosa ben sapendo che non funzionerà.

Un discorso semplice lo capirebbero tutti, anche i benzinai, che sono padri di famiglia. Sono stipendiati (male e poco) dalle compagnie petrolifere, ma il loro sindacato proclama uno sciopero. Contro chi? Per ottenere cosa? Un’agitazione senza sbocco, tanto per paralizzare i trasporti.

La situazione del caro benzina, purtroppo, è grave, perché si ripercuote non solo sul turismo, sulle gite domenicali, gli alberghi e i ristoranti ma anche, e soprattutto, sulle forniture di materie prime e semilavorati, sugli approvvigionamenti alimentari, su tutti i prodotti che entrano ed escono dal nostro Paese. Un vero disastro che forse potrà essere attenuato dal progressivo calo del costo del greggio e dei prodotti della raffinazione.

Questa sì che è una cosa davvero misteriosa. Chi decide i prezzi è il Re Mercato, ma il Re Mercato non è un’astrazione, risponde a precisi disegni politici che determina o cui si adegua. La mancanza di una politica energetica comune è una delle tante pecche della costruzione europea. Si studiano gli sbarramenti, ma occorre risanare le fondazioni e ristrutturare, politicamente, il mercato energetico.

Fa impressione vedere che dopo settant’anni di Unione europea siamo ancora al balbettio infantile senza avere il coraggio di fare un discorso energetico serio. Ci voleva davvero la guerra in Ucraina per scoprire le debolezze strutturali dei nostri approvvigionamenti?

Un altro problema strutturale che non si affronta mai è quello del nostro sistema di trasporti. Da noi il traffico merci all’80% cammina su gomma (quindi autostrade, benzina o diesel, assicurazioni, incidenti, gallerie, code, inquinamento e così via), nel resto d’Europa (cioè dovunque) per ferrovia o via d’acqua. L’idea di diversificare l’uso dei mezzi di trasporto non ha mai sfiorato i nostri legislatori. Bisognava favorire la Fiat. Ora, la Fiat non c’è più e sono rimaste le conseguenze.

Come si vede, dunque, le accise sono un problema serio ma, dietro e sopra, ce ne sono ben altri.

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